Sinclair
Electric Black Sheep
(Cd, Disco Dada Records/Venus)
electro pop
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Il mondo della musica (e non solo!) si divide sostanzialmente in due: quelli che amano e quelli che odiano gli anni ’80. Da una parte, i detrattori di una musica elettronica nascente e sperimentale, di una new wave ancora tutta da inventare; dall’altra, gli estimatori di quei primi vagiti artificiali, certi che senza l’avvento del sintetizzatore la musica di oggi non sarebbe a questi livelli. Insomma, esisterebbero i Radiohead senza i Depeche Mode? Come credo sia facilmente comprensibile, io appartengo a questa seconda categoria. Ecco perché quest’album non poteva che essere nelle mie corde.
Nato dal profondo amore per un decennio così contrastato, Black Electric Sheep è l’opera prima di un gruppo che però vanta già un nutrito pubblico ed una serie di date in giro per il mondo sullo stesso palco di Cassius e del nostro Marco Passarani. Quattro personaggi provenienti da esperienze e background diversi si ritrovano a manipolare strumenti vintage per creare suoni tanto retrò quanto permeati di contemporaneità.
Già, perché non c’è solo l’attaccamento al passato in questo disco. Giuste dosi di vecchio e nuovo si fondono, e la dotazione contemporanea, fatta di laptop e Kaos Pad, va a braccetto con moog e drum machine d’annata, per dare attualità a sonorità che altrimenti rischierebbero di rimanere imprigionate in una sorta di cronobolla temporale. Il risultato sono una decina di brani decisamente orecchiabili e ballabili, tra cui spiccano Fake e Routine song, buoni per i dance floor del ventunesimo secolo.
Il leit motiv dei Sinclair emerge anche nella parte grafica. La cover di Electric Black Sheep è opera di Francesco Spampanato, artista multimediale molto stimato a livello nazionale ed internazionale, che ha voluto riprendere qui colori e composizioni tipici degli anni ’80, in perfetta sintonia con la filosofia portata avanti dalla band.
Anche se i Sinclair sono riusciti nella loro volontà di fondere due secoli, la valutazione complessiva di quest’opera prima resta però mediocre. L’album manca di una propria personalità ed originalità, quella che invece dovrebbe emergere da una tanto stimolante ricerca musicale. Ma resta comunque un ottimo punto di partenza per far sì che anche i più ostinati denigratori del synth pop tentino un timido avvicinamento a questa corrente.
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