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Mario Cottarelli: Una Strana Commedia

Una Strana Commedia del cremonese Mario Cottarelli riprende i fast del progressive rock italiano, con tutta la personalità e i giochi dialogici che lo contraddistinguono

Mario Cottarelli

Una Strana Commedia

(Cd, Crotalo Edizioni Musicali)

progressive rock

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Mario Cottarelli- Una Strana CommediaSono ormai passati ben quattro lunghi anni dal suo primo lavoro al di fuori della composizione di musica da ballo. E ormai l’autore di Prodigiosa Macchina altro tempo non poteva aspettare per dare i natali a questa nuova raccolta.

Dopo una pausa dedita al miglioramento minuzioso del sound, è con Una Strana Commedia che il cremonese Mario Cottarelli ritornerebbe sulla scena del progressive rock italiano, con tutta la personalità e i giochi dialogici che lo contraddistinguono.

Come nell’opera precedente, non mancano di certo brani articolati e dalla struttura complessa. Un’orecchio non allenato dunque necessiterà di parecchia attenzione all’ inizio per comprendere le curiose combinazioni tra testi impegnati e sottofondi elettronici notevoli.

L’avvio è reso dalla title track Una Strana Commedia, nella quale si riprendono i ritmi e le tematiche dell’album precedente. Si prosegue con L’Occhio Del Ciclone dove trova spazio anche una ricca frangia di strumenti che si ritrovano d’obbligo nelle orchestre sinfoniche. In Corto Circuito, o meglio nel suo intermezzo, si apprezzano invece discreti e ben amalgamati mix di assoli resi da strumenti vari e diversi cambi repentini di tonalità e velocità d’esecuzione.

I crescendo in Bianca Scia dell’elegante pianoforte, caricano al punto l’ascoltatore, che questi verrà trascinato contro la propria volontà nell’ ascolto dei circa 10 minuti del brano che talvolta tuona al punto da sfiorare il minorante del metal. La Strana Commedia si conclude con i richiami orientaleggianti dell’ultima traccia, un capolavoro di musica strumentale: L’Orgoglio di Arlecchino. L’allegria dirompente e che suscita automatici sorrisi non può che deliziare e rasserenare l’ ascoltatore impegnato sin dal primo secondo. Chissà inoltre se il titolo di questo ultimo virtuosismo strumentale, che supera in durata tutte le altre tracce, non sia un’ allegoria stessa del compositore che si diletta a comporre il suo manufatto attingendo da diverse fonti ma con originalità. L’allusione è purtroppo solo soggettiva.

Un album nel complesso buono, ma che ha forse come unica pecca l’eccessiva lunghezza di alcuni intermezzi musicali. Una riconferma dell’ impegno italiano nel complesso mondo del progressive rock.


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Francesco Caiafa
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