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Ben Harper and Relentless7: White Lies for Dark Times

Ben Harper cambia band, ma non cambia spirito: White Lies for Dark Times è un disco maturo e pieno di sfaccettature. Aggressivo e dolce, colpisce allo stomaco e, allo stesso tempo, accarezza e commuove. Guarda il videoclip

Ben Harper and Relentles

White Lies for Dark Times

(Cd, Emi)

rock

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benharper09Fra tutte le performance, quella che rappresenta meglio lo spirito di Ben Harper è stata a Sanremo, nel 2008, quando il bluesman di Claremont eseguì, in compagnia di Jovanotti, una toccante versione di Lifeline, facendo così  luccicare dalla commozione gli occhi del pubblico, che fino a quel momento aveva seguito con una certa apatia la sonnacchiosa kermesse.

Ben Harper è così: un bagliore di magia in un contesto musicale sempre più commerciale e monotono. Il vero talento di Ben consiste proprio nell’umiltà e nella passione con cui continua a comporre,  con lo stesso entusiasmo di un emergente. Infatti, nonostante si sia scrollato di dosso la fama dell’outsider già da tempo (gli undici album che hanno seguito il suo esordio del 1994, Welcome to the Cruel World, lo hanno consacrato come uno dei più grandi della scena blues), Ben Harper mantiene inalterata la propria integrità, continuando a fare bei dischi senza scendere a compromessi commerciali e mettendosi sempre in discussione.  White Lies for Dark Times, il suo nuovo lavoro, non smentisce queste grandi doti.

Gli undici brani dell’album, in cui Ben Harper abbandona la sua band storica, i The Innocent Criminals, per farsi accompagnare dai Relentless7, pur toccando generi e umori diversi, sono accomunati da una sorta di segno di riconoscimento: le schitarrate, quelle distorte e marce, un po’ Lenny Kravitz e un po’ Rolling Stones, che caratterizzano, anche solo con pochi riff, persino le ballad più miti.

Le chitarre sono sviscerate in tutta la loro furia in brani come Number With No Name, Shimmer & Shine, Why Must You Always Dress in Black e Keep It Togheter (So I Can Fall Apart), in cui Ben Harper dà sfogo alla sua anima più rock attraverso suoni graffiati e ruvidi, ibridati con giusta dose di arrangiamenti blues.

Ma il momento meglio riuscito dell’album è costituito dai brani più lenti e strazianti, resi tutti speciali dal modo unico con cui Ben Harper canta, con quella voce emessa con un fil di fiato, aggrottata e tremolante, sempre sul punto di infrangersi: Up To You Now si fonda sul contrasto tra la dolcezza struggente della melodia e la scorza grezza degli arrangiamenti rock; The Word Suicide, invece, è un brano introspettivo, dall’incedere lento e pieno di chitarre spigolose e dolorose. L’ album si conclude con Faithfully Remain, una canzone riflessiva con gli arrangiamenti ridotti allo stretto indispensabile, in cui Ben sembra spogliarsi di ogni orpello per mettere a nudo la propria fragilità.

White Lies for Dark Times: in questi tempi bui le canzoni di Ben Harper più che bugie sono delle luci di speranza.  Che sono ancora capaci di farci brillare gli occhi in mezzo a un crisi che sembra averci privato delle emozioni più pure.

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Sofia Marelli
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