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Efrim Manuel Menuck: Plays High Gospel

Efrim Menuck si riconferma tra i più eclettici e prolifici musicisti della scena musicale canadese, grazie ad un album che è un asso pigliatutto: trasversale e d'ampio respiro

Efrim Manuel Menuck

Plays “High Gospel”

(Cd, Constellation Records)

folk-rock, gospel, post-rock, elettronica, sperimentale

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Efrim Manuel MenuckDopo la lunga pausa con i Goodspeed You! Black Emperor e l’alacre attività, anche dal vivo, con i A Silver Mt. Zion, il carismatico ma discreto personaggio Efrim Manuel Menuck ripiega su se stesso lanciandosi in un progetto solista che, manco a dirlo, reclama la più totale indipendenza rispetto alla miriade di formazioni musicali che lo hanno preceduto.

High Gospel, o meglio, se si volesse essere più precisi, Efrim Manuel Menuck Plays High Gospel: questo è il titolo di un’opera il cui contrassegno è la varietà stilistica  e l’unicità di ogni singola traccia, che si spinge nei meandri  di una sperimentazione che pare parte integrante del codice genetico dell’artista; già più volte manifestata, questa attitudine all’esplorazione varca i confini sicuri, immergendosi in abissi perturbanti.

Evitando ogni paragone, le basi, solidissime, restano comunque le stesse, tanto che nella line-up capeggiata dal cantante e chitarrista, ricompaiono i nomi di precedenti collaboratori (David Payant) e collaboratrici (Jessica Moses e Katie Moore). C’è da chiedersi con una certa dose di curiosità in quale clima avvengano le sessioni del gruppo in quel dell’ Hotel2Tango di Montreal… Di certo, dalla parte di chi ascolta è possibile toccare con mano la matrice dei profondi richiami spirituali che costellano il disco.

Oltre al massiccio uso dell’elettronica, anche quella più rumorista, si staglia la componente musicale più ritualistica: quella del folk e soprattutto, come si prevede dal titolo, del gospel corale. Sempre d’origine religiosa, in questo caso ebraica, è il kaddish, preghiera per il compianto collega Vic Chesnutt, al quale è riservato un posto d’onore nel disco. Questo alone di misticismo ci invita a prestare l’orecchio e sondare questo lavoro più a fondo e attentamente, almeno se si considera valido il precetto dello stesso Menuck: spaziare e sperimentare.

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