Il papà del rock d’autore italiano giunge al suo sedicesimo full-lenght album in studio, con una nuova formazione a tre e la collaborazione esterna di Fabio Marchiori, storico tastierista dell’Ottavo Padiglione di Bobo Rondelli. In un interessante vis-a-vis fa il punto sulla situazione di oggi e di ieri, e ci racconta qualche aspetto inedito dell’uomo e dell’artista.
RS. Esce in questi giorni il nuovo album dei Diaframma. Come ho scritto anche nella recensione, la cosa che colpisce è il parziale scostamento dalla forma canzone più tradizionale che hai portato avanti negli ultimi anni (anche attraverso un progetto come Donne Mie). In molti brani ci sono delle lunghe dilatazioni strumentali o un inconsueto uso delle dissonanze. Quanto ha inciso il cambio di line-up e il ritorno alla formazione a tre?
FF. Non so quanto il cambio di line-up abbia inciso, perlomeno a livello consapevole. È che mi andava di spendermi, di rischiare, e così con le idee di una canzone di questo cd, negli anni passati ne avrei tirate fuori 2 o 3.
RS. I testi mi sono parsi particolarmente ispirati: uniscono i temi a te usuali (la donna, la quotidianità) a quella che in altre occasioni hai definito una «dimensione onirica». So che è difficile raccontarne la gestazione, ché uno non scriverebbe canzoni se riuscisse a spiegare le cose in altre forme… ma fammi un favore: provaci comunque!
FF. I significati “reconditi” spero di capirli via via, magari anche grazie al confronto col mio pubblico… sono molto curioso.
Quello che posso dirti è che l’ispirazione passa generalmente attraverso un periodo più o meno lungo di inquietudine.
RS. Sempre a proposito dei tuoi testi, ti rivolgo in questa sede una domanda che già ti avevo fatto in privato: negli ultimi anni hai affrontato spesso e volentieri tematiche a sfondo sessuale. Questo ha “scandalizzato” parte del tuo pubblico. Da sempre sei un attento cronista del quotidiano e dell’indole umana, trovo quindi naturale che tu ti sia trovato a scrivere di un motore umano forte come l’eros. Ti va di rispondere pubblicamente a queste “polemiche”?
FF. Certo che mi va. L’eros è il motore del mondo e chi si scandalizza ha dei problemi suoi, retaggio di un’educazione repressiva. Siamo tutti cattolici anche a non volerlo perché viviamo nella patria del Cattolicesimo. Io penso di scrivere di sesso in modo reale e sincero. Poi un po’ di provocazione concedimela! In fondo è rock and roll.
RS. Una cosa che mi colpisce di questo Difficile Da Trovare è la foto nel retrocopertina: se la memoria non mi inganna, è la prima volta da quando hai assunto anche il ruolo di cantante che i tuoi musicisti vengono ritratti nel booklet di un tuo album. Si tratta di una scelta casuale o avverti un feeling particolare con l’attuale line-up dei Diaframma?
FF. C’è un discreto feeling, sì. E poi in questo modo li tengo buoni, sperando non diventino esosi dal punto di vista dei soldi… fare dischi ormai è una rimessa, almeno per me.
RS. Tornando ai testi e alla difficoltà di spiegarli in una forma diversa da quella in cui nascono… negli ultimi anni hai pubblicato una serie di volumi per la Coniglio Editore, l’ultimo dei quali – Diaframma Track By Track – è un’antologia dei tuoi testi con note a margine: ci racconti come è stato “mettere in prosa” le tue canzoni?
FF. Anche se a prima vista potrebbe non sembrare, quel libro mi è costato diversa fatica. Credo sia un esperimento riuscito a metà, proprio per la natura dell’operazione, ché spiegare i testi è abbastanza difficile, per me.
Anche qui c’entrano i soldi perché l’editore, dopo il successo di Brindando coi demoni, era molto ben disposto.
RS. I tuoi album degli anni ottanta sono considerati all’unanimità fra le cose più importanti mai prodotte nell’ambito indipendente italiano: una cosa che sicuramente ti inorgoglirà. Ma quanto senti il peso di essere continuamente paragonato al te stesso di vent’anni?
FF. Guarda, la situazione è tale che non mi va di andare per il sottile, si prende quello che c’è e grazie. Sono ricordato quasi solo per quei dischi e per quegli anni? Benissimo! Ad avercelo un bel passato, di questi tempi, che ti dà da vivere. È che per far ascoltare le canzoni occorrono investimenti, negli ottanta c’erano, ora no. Pensa che anche per Siberia, Pirelli (boss della IRA, la casa discografica che lo pubblicò) non era contento, diceva sempre che ci aveva rimesso dei soldi.
RS. Operazione di marketing casereccio: dieci canzoni dei Diaframma per capire i Diaframma.
FF. Siberia, Neogrigio, Amsterdam, Tre Volte Lacrime, Oceano, Caldo, Diamante Grezzo, Gennaio, L’Odore Delle Rose, Labbra Blu, L’Orgia. Sono 11.
RS. Operazione di marketing casereccio 2: chi ti ha visto in concerto sa quello che vuol dire. Raccontaci un concerto dei Diaframma dal punto di vista del palco.
FF. Mah, guarda, più che eventuali problemi tecnici e logistici, io ai concerti voglio che ci sia gente: numerosa e partecipe. Se c’è mi diverto e penso di fare la mia parte. Non per vantarmi, io sul palco ci so stare.
RS. In molte tue canzoni ci sono riferimenti al cinema: dalle mille citazioni di In Perfetta Solitudine (Fellini, Leone) alla Marisa Allasio del brano omonimo, passando per i richiami alla nouvelle vague francese (Effetto Notte, Il Disprezzo). Che rapporto ha Federico Fiumani col cinema e quanto lo ispira nel suo fare musica?
FF. Non un gran rapporto, in verità. Mi piace, tranne Truffaut, quasi esclusivamente il cinema italiano, quello del novecento: Fellini, Visconti, Antonioni, Scola… i classici, insomma. Vero che ci sono molti riferimenti al cinema, si prende, si rubacchia con rispetto dove si può! Del resto anche il cinema lo fa spesso con le altre arti.
RS. L’ultima è una mia curiosità personale: di tanto in tanto, nelle scalette dei tuoi concerti, inserisci dei brani che non eseguivi da anni. Qual è la molla che ti fa “riscoprire” una canzone?
FF. Più che altro per variare un po’ il menu per chi ci segue spesso e si fa delle belle trasferte. Ne conosci qualcuno, no? E poi perché è stimolante, per non annoiarmi in sostanza.
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