Radio Dept + Everything Everything
Roma, Circolo degli Artisti, 23 marzo 2011
live report
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Serata delle grandi occasioni a Roma per l’accoppiata Radio Dept + Everything Everything, che nel resto d’Italia suonano separatamente le date del loro tour.
I Radio Dept a Roma sono amatissimi e ai tanti shogazer-kids romani s’aggiungono anche tanti stranieri (dall’età direi in Erasmus).
Ma andiamo per ordine.
Aprono gli Everything Everything con un set praticamente completo: suonano per circa un’ora quasi tutto il loro Man Alive e aggiungono un paio di tracce fuori album, un singolo distribuito in free download qualche tempo fa e l’inedita Kimosabe.
I quattro si presentano sul palco in divisa, un tuta kaki con fascia nera a lutto sul braccio; basso, chitarra e voce si occupano anche delle tastiere, mentre il batterista rimane caparbiamente assiepato alle sue pelli e a un pad elettronico.
Il concerto scorre via che è un piacere. La voce del biondissimo Jonathan Higgs ha del miracoloso e si alterna in alti, falsetti e cantato ”normale” con una disinvoltura sorprendente, là dove invece su disco faceva sospettare effetti e plugin scopriamo con piacere che è tutta farina del suo sacco, ovvero delle sue corde vocali. La sezione ritmica è precisa, sempre pronta a farci battere il piedino ma mai invasiva, mentre il chitarrista, Alex Robertshaw, è maniacale e certosino nel suonare le sue parti con fantasia senza mai cadere nel puro virtuosismo.
Alla perizia tecnica del quartetto inglese fa compagnia una capacità compositiva e una sensibilità melodica invidiabile. Man Alive è sempre un’opera prima e anche dal vivo mostra la corda del suo principale difetto, ma è comunque un gran bel sentire. Parlavamo del difetto del disco, che è stato anche quello del concerto: là dove i musicisti della band fanno egregiamente il loro mestiere senza strafare, la cifra stilistica di Higgs e il suo alternarsi di diversi registri vocali alla lunga (ma anche prima) tende ad appiattire un po’ la ricetta musicale, altrimenti succosa, degli Everything Everything. Peccato di gioventù di una band da cui ci aspettiamo davvero tanto per lungo tempo. (Voto: 3,5/5)
Tutt’altra storia con i Radio Dept. Seppure il pubblico ha seguito con calore e interesse la band d’aperturta (e qualche decina erano lì proprio per loro), la folla che ha mandato sold out il Circolo è tutta per il terzetto svedese.
Sfidando le macumbe e le maledizioni che mi invieranno i fans, vi rivelo che trovo i Radio Dept puerili e imbarazzanti. Voce e chitarra + chitarra + tastiere e drum machine (che in realtà è un notebook). Tutto qua. Come davvero semplice è la loro ricetta musicale, figlia (al limite del plagio) dei Cure stile In Between Days e più in generale dello shoegaze che ha impazzato in Gran Bretagna tra la fine degli ’80 e i primi ’90.
I Radio Dept, però, hanno delle basi ritmiche che sembrano arrivare da un giocattolo, il cantante-chitarrista davvero troppo statico per avere carisma e il chitarrista principale che dello shoegaze conserva la posa ma non il piglio o la fantasia (shoegaze è la contrazione inglese di coloro che si guardano la punta dei piedi, gazing at their shoes, non per timidezza o disagio esistenziale ma perché impegnati a schiacciare incessantemente i pedali degli effetti della chitarra).
Insomma, l’atmosfera vagamente lo-fi del loro ultimo Clinging to a Scheme non solo è riproposta nello show di stasera, ma è parsa fastidiosamente non frutto di una ricerca sonora, bensì rivelatrice di tutte le pecche di una band che si sta beando dell’onda lunga del revival dream pop, pur non avendo nessuna qualità particolare. (Voto: 2/5)
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