The PepiBand
Panic
(Cd, Autoproduzione)
indie rock
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Intrigante e ricco di sfaccettature costantemente moltiplicate, Panic è una specie di lunga altalena emotiva difficile da definire e intrappolare sotto un’unica etichetta. Il disco d’esordio del quartetto siracusano The PepiBand, formazione attiva dal 2003, è complicato, aspro, discordante, ma anche tenero, soffice, sussurrato. Il tutto in un continuum in imprevedibile evoluzione.
Personal Pepi, che apre l’album, grida, si dispera, in un geometrico sistema di rincorse e rallentamenti, con un ritmo sgangherato, ironico, discontinuo, che crea un paesaggio musicale graffiante e viscerale. La voce sofferente e stridente è appoggiata su una base più ammorbidita in 5%, che si arrotola e poi srotola di nuovo su se stesso. Pretty è umorale, silenzioso e accorato, con lentezze calcolate e chitarre affilate.
La quarta traccia dell’album è interessante e difficile: i nove minuti di I Like Fasolino sono lentissimi e atmosferici, rarefatti, silenziosi, come dopo una nevicata; spunta anche un suono che sembra prodotto da un campanello di vetro. Bella anche la successiva traccia, Sicily, malinconica e soffusa, dotata di un’energia luminosa e drammatica.
Sbacanta è un rock ossessivo, componente che si fa più serrato con le grida furiose di Bipede, dove la rabbia è messa dietro un velo che la sfuma e la rende sfocata. Gli altri tre brani sono accomunati da un’atmosfera lenta e misteriosa, come Helen, rapida e sottile come una matita cui sia stata fatta una punta troppo acuminata, sempre sul punto di spezzarsi. In Andrea la levità non si fa eterea ma terrosa, con un influsso quasi jazz, sottovoce e misterioso, che di tanto in tanto sfodera gli artigli per un graffio fulminante.
Infine Eyes, fluido e silenzioso: ma è una fine ingannevole, dal momento che dopo qualche minuto spunta una ghost track che è un crescendo denso ed elettrico verso un abisso scuro.
Ed è così, in sospeso, che lascia Panic: ogni brano regala una rosa di emozioni differenti, ha sviluppi difficili da prevedere e si discosta dall’ovvio, e si è sempre in equilibrio tra sensazioni e contrasti.
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