Buzz Aldrin
Buzz Aldrin
(Cd, Ghost Records, Unhip Records)
indie rock
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Col nome preso in prestito dal secondo uomo che ha messo piede sulla Luna, i Buzz Aldrin, da Bologna, sembrano uno di quei gruppi belli da vedere su un palco in una serata in cui ti vien voglia di farti sbatacchiare qua e là in mezzo alla folla. Il disco d’esordio suona live proprio perché è nato dalla loro esperienza dal vivo nei festival, acquisendo una certa padronanza del suono che riporta a un sapore vintage.
Il pezzo di apertura, Eclipse, riassume praticamente la loro produzione fatta di atmosfere cupe e suggestive, un uso delle voci onirico, alla maniera dei Liars, con testi che preferiscono lasciare il significato all’immaginazione. A parte la funerea Hola Gringo, i brani non cambiano di impostazione, con l’uso di campionamenti sul percuotere a mitraglia sempre con lo stesso ritmo ossessivo per tutta la durata di ogni singolo brano. A me dopo un po’ stufa.
Non troviamo certo capolavori nei nove pezzi dell’album che dura poco più di mezzora, siamo davanti a un’indole espressa in maniera meccanica complice la giovane età. Eppure i Buzz non sembrano affatto immaturi, avendo fatto del loro fulgore sonico uno stile decisamente personale, anche se ripetitivo e farraginoso, in cui le canzoni hanno una medesima struttura riconoscibile come un marchio di fabbrica.
La loro formula penso che continuerà ad essere questa, a meno che non evolveranno una forma canzone in italiano, ma per il momento hanno la necessità di seguire la strada delle nenie oriniche con chorus grintosi, se riusciranno a coniugare la voglia di rimanere indipendenti con il guadagnarsi da vivere grazie alla musica. Se riescono a lavorare sulle variazioni potrebbero riuscire ad essere più convincenti levando di dosso quella monotonia che non permette loro di elevarsi ad un livello superiore.
Tempo per migliorare ce n’è.
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