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Paul Smith: Margins

Il frontman dei Maxïmo Park esce finalmente allo scoperto: dal post-punk revival a cui ci aveva abituati si è ormai allontanato, prediligendo un songwriting intimo e discreto. Tutto questo è Margins

Paul Smith

Margins

(Cd, V2)

songwriting

_______________

Paul Smith- MarginsDa qualche anno aleggiava la non troppo remota possibilità che il frontman dei Maxïmo Park, il carismatico Paul Smith, potesse sfornare il suo primo album da solista. E così, dopo solo un anno da Quicken The Heart, ultima non troppo esaltante fatica in studio degli inglesi, esce il debut album Margins.

Ci troviamo di fronte ad un progetto molto voluto dal cantante, in cui cerca di smussare i lati più rock dei Maxïmo Park per dar spazio ad atmosfere più intime e discrete. Gli arrangiamenti sono molto eleganti, e su queste sinuose armonie scivola leggera la voce di Paul Smith, modesto e con il suo fare tipicamente inglese.

Sembra un capolavoro, ma non è tutto oro quel che luccica.

Infatti Margins trova delle difficoltà durante i suoi 47 minuti, e non sarà un’impresa per l’ascoltatore accorgersi di cos’è che proprio non va.

In primo luogo, l’album in tutta la sua durata non riesce ad essere costante, alternando a canzoni piacevoli, se non esaltanti (North Atlantic Drift, Strange Fiction e I Drew You Sleeping), brani che sembrano cullarsi nella loro fastidiosa ed apatica noia (While You’re In The Bath, This Heat e Alone, I Would’ve Dropped).

Altro punto a sfavore per la qualità del disco è la prestazione leggermente opaca e priva di personalità da parte del cantante. In alcuni momenti sembra di trovarsi davanti ad una voce che non è “né carne, né pesce, né niente“, come direbbe Arturo Bandini, al contrario del Paul Smith che tutti abbiamo imparato ad apprezzare con i MP. La cosa è evidenziata anche dalla scelta di produzione del disco: sonorità ed effetti piuttosto retrò accostati ad un approccio tipicamente lo-fi senza la giusta dose di personalità rendono il risultato una specie di bozza su carta da disegno piena di impronte e di macchie di grafite.

Tirando le somme quello che ci ritroviamo davanti non è assolutamente un punto d’arrivo per Paul Smith, anzi il disco in se probabilmente stenta a raggiungere la sufficienza. Ma al contempo può essere visto come un interessante punto di partenza di una strada che, se affrontata consapevolmente, porterà molte soddisfazioni all’inglese (e a noi ascoltatori).

Per ascoltare i brani: www.myspace.com/paulsmithmusic

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Stefano Ribeca
Stefano Ribeca

Giovane bello ed intelligente.

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