Lahmia
Forget Every Sunrise
(Ep, Autoproduzione, 2008)
death metal melodico
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I Lahmia sono maestri nel creare con la loro musica atmosfere cupe, cavernose, drammatiche e Forget Every Sunrise ne è una ulteriore prova.
Melodie cariche di nostalgia e pathos e disperazione rabbiosa, brutale si intrecciano. Si intrecciano senza autocompiacimento, il loro completarsi è naturale e spontaneo, come una urgenza, una necessità imprescindibile. Questo rifuggire dalla monoliticità dà corpo, senso e spessore al loro pregevole secondo lavoro, accurato e appassionato.
Qui la sterzata death metal, soprattutto per quanto riguarda la parte vocale, fa dimenticare alcuni dei momenti tersi del primo lavoro per condurre in un oscuro, magmatico e ribollente inferno sotterraneo, in cui, come si intuisce dal titolo dell’album, la luce non arriva (o almeno così sembra), e si è costretti ad una infinita notte tesa, lacerante.
Nightfall è il primo assalto, nero e tagliente, accompagnato da una voce da orco. I rari momenti di distensione amplificano la percezione della furia che torna subito a scatenarsi.
Poi Grinding Dreams, con la stessa brutalità e una tesa inquietudine nascosta appena sotto la superficie. L’apertura di Glass Eyed Child è liquida, quasi trasognata; un ruggito spazza via questa atmosfera per dare inizio a quello che secondo me è il brano più malinconicamente disperato dell’album.
Game Of Sacrifice è un pezzo scattante, veloce, a tratti quasi marziale, a tratti ipnotico. Infine, a chiudere il mini-cd, The Last Dance, elegante e funerea, tristemente diabolica.
Forget Every Sunrise, che segue di circa un anno l’Ep d’esordio, è dunque una positiva conferma per la band romana, che si rinnova senza snaturarsi e mantiene intatte e inossidabili la suggestività e l’imponenza dei propri brani.
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