Therion
Sitra Ahra
(Cd, Nuclear Blast)
symphonic metal
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Non è certo minimalista il (ben) quattordicesimo album degli svedesi Therion. Sitra Ahra è attraversato da un respiro mistico e da una tendenza alle contorsioni, alle commistioni di generi, alle partiture complesse, ai cambiamenti incessanti. Ma non per questo risulta borioso o ingessato; al contrario invece sorprendono le vie inaspettate prese dai brani (per le quali a volte ci si perde), gli slanci ironici e fiabeschi.
Maestoso, barocco, ma anche liquido ed impalpabile, i suoi segni sono già impressi nell’apertura con Sitra Ahra. Che, per la cronaca, indica una specie di entità sovrannaturale della Cabala, consistente fonte di ispiazione dell’album. Cori sinfonici ora eterei ora nerissimi, come in un curioso canto gregoriano, percussioni ipnotiche, voci maschili e femminili che si alternano e intrecciano tra loro creando un’atmosfera suggestiva e quasi magica.
Clima e dualismi mantenuti dal successivo Kings of Edom, che nel suo minutaggio abbondante passa da un clima soave, da paese delle meraviglie, a un fiume in piena drammatico ed elegante di cori e strumenti, con passaggi preziosi ma non criptici.
A seguire la cupa tempesta di Unguentum Sabbati, che attacca a testa bassa con scariche di chitarre e batteria, rischiarate da vocalizzi angelici. I due brani successivi sono uno (Land Of Canaan) estremamente ricco, forse anche troppo; lascia spiazzati con gli innumerevoli cambiamenti e suggestioni che dipana in oltre dieci minuti, spaziando da frammenti quasi psichedelici ad altri con evidenti influenze folk di matrice celtica. Più compatto Hellequin, che dà forma e voce alla doppiezza della figura del titolo, a metà strada tra il buffonesco e il demoniaco: è insieme carnevalesco, drammatico e folle, con un forte sapore rinascimentale e operistico.
Nell’album non mancano brani molto più neri, pesanti e cavernosi, come 2012, con i suoi archi taglienti e distorti, Cú Chulainn, magmatico brano che si ispira all’eroe delle saghe irlandesi, Din, con i suoi accenti diabolici. Elementi più diversificati compaiono invece in Kali Yuga III, con percussioni urgenti e veloci; il procedere da marcia lenta e solenne, i cori sotterranei di The Shells Are Open; e in chiusura After The Inquisition/Children Of The Stone, lento e drammatico, ma anche sognante e festoso.
In sintesi, Sitra Ahra offre molti spunti e suggestioni e, di certo, un ascolto gradevole e interessante.
La longeva band svedese si presenta qui con una line-up ancora rinnovata e in cui spuntano nomi noti della scena metal scandinava, come Thomas Vikström e Snowy Shaw. I Therion suoneranno a Milano il prossimo 9 novembre.
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