Danzig
Deth Red Sabaoth
(Cd, The End / Red Distribution)
rock, metal, dark, horror punk, hard rock, alternative rock
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Ottavo lavoro per i Danzig, gruppo che ha già esordito a fine Anni ’80, sulla scia dell’horror punk dei Misfits (di cui Glenn Danzig, leader dei Danzig stessi, è stato anche cofondatore); Deth Red Sabaoth però è l’ennesima conferma di come il gruppo newyorkese non ami essere etichettato in un solo genere, al contrario di come voglia continuare a contaminarsi.
Le tracce si consumano forsennatamente una dietro l’altra con una forte impronta hard rock e metal, che fanno da padroni in pressoché ogni pezzo; questo grazie al riffing, troppo lento e raffinato per essere thrash metal e punk-rock; i riff infatti virano più verso lo stoner o il noise, ma anche verso il metal classico e l’hard rock.
L’influenza dark si sente invece molto nel cantato, molto oscuro, con un timbro che vira al deprimente, alle volte con punte di disperazione e disicanto, senza però perdere quella compostezza ed educazione di fondo; quanto appena detto, sia musicalmente sia vocalmente, vale per i primi quattro pezzi.
Con la quinta traccia, Wicked Night, si passa a maggior morbidezza, a meno ruvidità del sound e si vira decisamente verso il rock classico e l’alternative rock; lo stile di voce e di accordi sembra cambiare completamente registro; proprio da questo pezzo in poi le chitarre sembrano quasi voler dar vita un tributo ai più grandi chitarristi della Storia, Hendrix e Slash in primis.
Con Red Moon comincia la virata musicale in stile Pearl Jam, senza però perdere di vista un punk un po’ addolcito; la voce potrebbe risultare un po’ fuori tono a tratti, se paragonata al sostrato strumentale, ma l’effetto generale rimane comunque gradevole; i pezzi successivi si attestano su un rock-hard rock di stampo classico, con picchi addirittura blues (Ju Ju Bone) e ancora sprazzi heavy metal alla Black Sabbath (Night Star Hell) e atmosfere un po’ mistiche e sciamaniche (Pyre Of Souls, in cui una lunga intro con tanto di chitarre acustiche, strumenti enici, pianoforte e litania simil mantra evoca atmosfere lontane e remote, per poi fare spazio ad un hard rock fuso insieme ad horror punk).
Quasi black metal il sound dell’ultimo pezzo, Left Hand Raise, anche se poi prevale il dark; decisamente nelle ultime sei tracce la voce di Glenn migliora nettamente e si dimostra in grado di saper cambiare registro.
Niente male per un gruppo sulla cresta dell’onda da più di vent’anni.
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