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WOT: Handyman

Tra alti e bassi, fresca spensieratezza e intimi momenti di riflessione, ecco a voi Handyman, con tutta la carica dei "moderni anni '60"... e non solo

WOT

Handyman

(Cd, Point of View Records)

indie rock, britpop

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WOT è il nome di una giovane band che, strano a credersi, è natia del profondo sud Italia, Catania per l’esattezza. Giovane nemmeno tanto, dal momento che prima di approdare a questa ultima uscita discografica, si è fatta per così dire le ossa con promo, EP, festival e concorsi non proprio da niente, e persino un full-length.

Handyman è l’ultimo stadio di questo percorso: totalmente e artigianalmente autoprodotto, è un album battente, articolato in dodici tracce, di cui otto inedite. WOT adotta  pieno titolo la lingua inglese come veicolo dei testi, a loro volta supportati da un sound che si perde nelle radici britanniche dei 60s, per giungere fino ai più recenti e contemporanei revival di stampo indie rock. D’altronde i cinque musicisti sono i primi ad affermare con forza il legame che li lega a gruppi d’oltremanica quali i primi Franz Ferdinand, e ancora più indietro fino a Beatles, Rolling Stones e Mozart come fonti d’ispirazione principali.

Il disco si apre con l’andamento vagamente punk e reggae di Better Than Tomorrow, che è inoltre il primo singolo e video estratto; si continua poi con una serie di pezzi dall’aria fischiettante, all’insegna di una spensieratezza giovane e frizzante, talvolta però oltremodo ripetitiva. Il ritmo e i riff accattivanti, che nelle loro variazioni sono comunque onnipresenti ed evidenti, sembrano diventare un collante un po’ troppo potente, che abbatte il confine tra una canzone e la successiva, rendendole di fatto difficilmente distinguibili.

Non mancano ad ogni modo altre variazioni nella tracklist e sarebbe ingiusto fare di tutta l’erba un fascio: Gina potrebbe addirittura spingersi nelle acque calme del britpop, e i quattordici intensi minuti di Seven (con tanto di un’insolita registrazione finale) sono all’insegna del raccoglimento intimo e leggermente malinconico. Quasi un’oasi dopo i ritmi che si rincorrono per tutto il resto del disco.

Formalmente giusto e stilisticamente assimilabile senza difficoltà, Handyman si prefigura come un lavoro nell’insieme ben riuscito: piacevole e scorrevole nei suoi alti e bassi. Unica insinuazione sibillina: in termini d’originalità, quanto ci costa questa ormai diffusa esterofilia?

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Delia Bevilacqua
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