Buzzy Lao
Black Karma
(Bunya Records)
world music, fusion, black music, afrobeat, sudamericana, desert blues, northern-folk, roots-reggae, folk etnico
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A distanza di quattro anni dalla pubblicazione di Universo/Riflesso, il cantautore e bluesman torinese Buzzy Lao – all’anagrafe Alberto Salerno – torna sulle scene con il suo nuovo album Black Karma, edito per Bunya Records e anticipato dall’uscita dei singoli Karma, ZOHRA, Fra Un Milione di Stelle e Io Che Non Conosco Più L’amore.
Dal punto di vista tematico, ogni traccia di questo terzo lavoro in studio è un manifesto contro l’inaccettabile che vediamo raccontato quotidianamente su giornali, televisioni e social: ipocrisie, ingiustizie, violenza, indifferenza, guerre e crisi relazionali. Scenari inquietanti a cui sembriamo ormai essere abituati e assuefatti.
Nei testi di Black Karma si avverte in maniera esplicita il senso di smarrimento, frustrazione e impotenza nei confronti di una società eticamente scorretta che favorisce gli interessi di pochi a discapito della collettività e che in diversi posti del mondo continua a minacciare diritti umani e libertà d’espressione.
Così, Buzzy Lao raccoglie e somatizza la cecità morale dell’oggi, tra divisioni sociali, fragilità, individualismo e l’incapacità di vedere e comprendere veramente l’altro. Eppure, nonostante l’oscurità morale dell’oggi, il musicista piemontese riesce a condividere momenti di tenerezza e solidarietà, focalizzandosi su quel concetto di rinascita personale che passa attraverso la ricerca di un’umanità che abbiamo il dovere di riconoscere e proteggere se vogliamo eliminare il karma oscuro che sta condizionando la nostra sopravvivenza.
Per ciò che riguarda invece l’aspetto strumentale di Black Karma, nella corrispondenza stilistica tra melodie retrò del cantautorato italiano e quella ricchezza di suoni provenienti da ogni angolo del pianeta, troviamo una suggestiva contaminazione di ritmi ed emozioni, sulla scia di artisti internazionali coevi come Michael Kiwanuka, Nu Genea, I Hate My Village, Sons Of Kemet e KOKOROKO.
Uno spartito cosmopolita dai riflessi sabbiosi e legnosi, in cui vènti di scirocco subsahariani soffiano sulle correnti del Mar Mediterraneo, per poi spingersi alla volta di sponde oltre-oceaniche a respirare l’indolente freschezza di profumi tropicali. Un melting pot dinamico, ammaliante, sofferto e a tratti struggente, fortemente influenzato da radici della musica nera come soul-funk e afrobeat, a cui si aggiungono elementi di desert blues arabeggiante e mediterraneo, sfumature roots-reggae, psichedelia etnica, battiti di mano a rievocare antichi rituali sciamanici e percussioni tribali che trasudano atmosfere sudamericane.
C’è spazio anche per un paio di deviazioni nell’intimità dei territori malinconici e rurali del northern-folk, tra chitarre acustiche e lap steel (Rivoluzione, 3 Anni). Il tutto cantato in italiano, nel rispetto che merita la tradizione del nostro cantautorato.
Black Karma è dunque un’opera che sprigiona un’intensa connessione narrativa ed emozionale, che nasce dalla necessità di dover fare i conti con i propri demoni, evidenziando sia l’importanza di ritrovare pace interiore e armonia con ciò che ci circonda, sia la responsabilità che abbiamo verso quel futuro che è ancora da scrivere, come direbbe Joe Strummer.
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