Generic Animal
Il Canto dell’Asino
(La Tempesta Dischi)
indie, canzone d’autore
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L’animale generico scelto per dare il titolo a questo nuovo lavoro di Luca Galizia, alias Generic Animal, è quello più bistrattato e incompreso della fattoria, nonché erroneamente sottovalutato. L’asino fa bella mostra di sé sulla copertina del quinto album dell’artista milanese e con le sue apparenti contraddizioni incarna il mix di storie e di generi destinato anche in questa nuova release a proseguire il suo processo di evoluzione continua.
Il Canto dell’Asino non si riesce a intrappolare nelle strette logiche di genere. Come l’asino è un animale difficile da interpretare, anche la musica di Generic Animal sfugge agli schemi e rimane fedele a un concetto di personalità e originalità che ritorna di disco in disco.
È la chitarra a farla da padrona, scomposta, scordata e reinventata per comporre, come avviene anche per il pianoforte. Ogni brano è un crogiolo di sonorità, un saliscendi dalle montagne russe nel quale l’ascoltatore non si sente mai al sicuro, sempre incerto sull’andamento che prenderà il brano, tenendo sempre altissima la soglia dell’attenzione e passando con nonchalance da echi dark a riff stile The Smiths e incursioni glam rock.
Ma un altro aspetto che colpisce di questo artista è il suo stile cantautorale, l’urgenza e la semplicità che l’hanno spinto a raccontare in modo molto immaginifico storie vere: dalla solitudine del fuori sede (Zero), agli anni delle medie e un amico scomparso (Eric che fai?) fino alla spiritualità (Spirito). Luca riflette e tira le somme dei suoi vent’anni che volgono al termine: lo fa su un volo intercontinentale (Tokyo 20), pensa all’amore e all’importanza di prendersi cura di sé stessi e di chi si ama (Giorgio Marrone) e ai sogni che prendono forma (Trampolini).
In Il Canto dell’Asino, Generic Animal crea un mondo fiabesco ma quanto mai reale, nel quale tutti noi non facciamo fatica a ritrovarci. È un album che contiene tutto e il contrario di tutto, intriso di apparenti contraddizioni che non si prende mai troppo sul serio, in bilico tra quello che è stato e quello che sarà.
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