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We Fog: recensione di Sequence

Con il nuovo album Sequence, la post-rock band We Fog continua a modellare espressione stilistica e tensione emozionale, avvicendano irruenze poliritmiche e intimismo lagunare.

We Fog

Sequence

(Autoproduzione)

post-rock, noise, math-rock, post-hardcore, gothic rock, slowcore

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“Le fotografie sono la nostra memoria nel tempo, quando i nostri ricordi iniziano a perdersi nel tempo che passa”. (Silvana Stremiz)

A sette anni di distanza dall’esordio discografico con Float, la post-math-rock band veronese We Fog (milanese di adozione) torna sulle scene con il suo secondo album intitolato Sequence, co-prodotto insieme all’esperto Amaury Cambuzat e anticipato dall’uscita dei singoli Rise To The Sky e Kind Warrior.

Composto da sette tracce cantate in inglese, Sequence rappresenta il naturale e consequenziale snodo evolutivo per il terzetto veneto (Donato Fusco alla chitarra elettrica e voce, Giulio Corradi alla batteria e cori, Victor Schneider al basso elettrico e cori), attraverso un intenso lavoro di ricerca introspettiva e recupero di quel sound stratificato che, nella retrospettiva nostalgica di una controcultura alternative ormai appassita, rievoca inquiete istanze di matrice noise-rock e post-rock degli anni 90 e inizio duemila.

In controtendenza rispetto alle imperanti forme del mainstream musicale moderno, i We Fog continuano a modellare la loro espressione stilistica “heavy mist” in cui si avvicendano irruenze poliritmiche e intimismo lagunare, attingendo tensione elettrica e urgenza comunicativa dalla potenza evocativa del passato, dei ricordi d’infanzia (vedi artwork di copertina). Come archeologi che scavano per setacciare paesaggi violati in cerca di qualcosa di nuovo, direbbe il regista tedesco Werner Herzog.

Sequence è un concept che, sotto l’aspetto emozionale, si focalizza sulle complicanze dell’amore e su come le esperienze relazionali siano sempre più condizionate da percezioni distorte e dall’incapacità di gestire le conseguenze dei sentimenti.

Pertanto, indugiando sulle derive patologiche dell’oggi e puntando la lente d’ingrandimento sul tempo che scorre via inesorabile prendendosi gioco di tutti noi (Timex), si susseguono storie di personaggi che, quotidianamente, combattono come possono il loro dramma personale e l’inconsistenza della felicità: dall’amore di un padre che trova la forza di perdonare la figlia omicida (A Father’s Love) a derive sociali sempre più alienanti e divisive che respingono ogni speranza di identità collettiva (No Land For Hope), passando per il disturbo ossessivo e paranoico di chi non è in grado di proteggere né se stesso né i propri affetti dalle insidie del mondo esterno (Rise To The Sky, Kind Warrior).

Per quanto riguarda, invece, lo sviluppo strumentale della release, i We Fog provano a condensare e sonorizzare i rispettivi stati d’animo nella tensione sperimentale che c’è tra melodia e dissonanze, alternando tessiture ipnotiche di maniera post-rock e levigature smeriglianti di spessore noise e post-hardcore, a cui si uniscono le spigolose intermittenze del math-rock e la variante malinconica di ritmiche dalla vena darkwave.

Dunque, dalla convivenza degli eterni e inscindibili contrasti che coinvolgono la natura dell’essere umano, si delinea l’esperienza sensoriale di Sequence, dove ogni sequenza temporale fa rima con frequenza emozionale. Non è semplice sporgersi oltre la scarsa visibilità di prospettive dell’oggi, così c’è chi preferisce rifugiarsi nell’incantesimo ammaliante dei ricordi, pensando che in fondo il futuro non è altro che un passato ancora da scrivere.

facebook/wefogband

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