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rOMA: recensione di Puff

Orgoglioso di essere rimasto attaccato alla terra, “con il meridione dentro”, cercando di nutrirsi di sogni, rOMA pubblica un EP di otto canzoni leggere e cantautorali, con una punta di sarcasmo.

rOMA

Puff

(Disordine Dischi)

canzone d’autore

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rOMA, lo pseudonimo di Vincenzo Romano, di cui avevamo già recensito il suo album 1982, pubblica questo suo novo Ep intitolato Puff, contenente 8 tracce inedite sul rimanere aggrappati alle proprie origini facendo i doverosi cambiamenti, coscienti di farsi i propri conti anche se “ci siamo mangiati la vita e non siamo più quelli di prima” (Stelle Scure).

Molto, molto piacevole l’opener La Nebbia, brano allegro senza caos di strumenti, dove sembra rivivano Lucio Dalla e Rino Gaetano insieme: “Non volevo andarmene lontano, scelgo di essere un arredo di quartiere”, e parte un sax su un ritmo moderato e un cantato tra l’ironico e il sentimentale. Una nostalgia repressa dall’accettazione delle situazioni, con l’intenzione di non smarrirsi.

rOma canta con sarcasmo di chi è costantemente stressato e ansioso che guarda caso “Capita alla gente che non soffre mala-educazione, di chi si fotte e chi si piglia, a chi non vota Lega”. Racconta ricordi e opinioni su dove sta andando la vita con un songwriting molto maturo, con atmosfere leggere, dalla gradevole vicinanza ai cantautori degli anni 70: “Tu com’è che fai a dividere il tuo cuore in mille pezzi e a non perderli mai?” (Settembre non ci Deluderà).

C’è della critica sociale in questo lavoro attraverso le canzonature come in Formiche d’Estate quando dice per esempio “domani Primo Maggio andate a lavorare”, un testo sulla fatica delle persone che con umiltà tirano a campare facendo quello che riescono a fare meglio, mentre altri fanno fare “ripetizioni per i figli nati nel 2000, mentre i genitori si fanno curare” e si indebitano a rincorrere la felicità (Meridionale).

Vincenzo ammette che “è stato un percorso in evoluzione, sentivo di dover cambiare registro, ma ovviamente live è tutto più ricco di suoni”. L’album è così diverso da 1982, perché apprezzavo in quel disco la prepotenza delle chitarre distorte, ma questo album pur suonando acustico, spogliato della sua elettricità, lo trovo molto raffinato nella sua semplicità strumentale, mantenendo degli arrangiamenti pop-rock cantautorali, piacevole da ascoltare soprattutto nei testi.

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Luca Paisiello
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