Slow Dive
2 luglio 2024
Roma, Cavea dell’Auditorium
live report
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Un po’ ho invidiato i giovanissimi in platea, un po’ ho invidiato l’amico che era con me. Per loro la magia che riescono a mettere in scena gli Slowdive è stata una – piacevolissima – sorpresa, di cui ero invece già a conoscenza, avendoli visti dal vivo già altre due volte.
Ieri sera gli Slowdive hanno dimostrato ancora una volta perché sono considerati i pilastri dello shoegaze. Il loro concerto, parte della seconda gamba del tour 2023/2024, è stato un’esperienza quasi trascendentale che ha trasportato il pubblico in un universo sonoro fatto di riverberi, melodie sognanti e atmosfere avvolgenti.
Un pubblico molto variegato ha accolto la prima volta in assoluto degli Slowdive a Roma: in platea si sentono lingue straniere (inglese, tedesco, …) e molti dialetti (Pescara, Napoli, anche Calabria); si vedono facce giovani, meno giovani e diversamente giovani, alcuni anche giovanissimi (come saranno arrivati a conoscere la band di Reading? Mistero).
L’incantesimo inizia con Shanty, dal bellissimo ultimo album Everything Is Alive, immergendo immediatamente la folla in un’onda sonora ipnotica. La voce eterea di Rachel Goswell si fonde perfettamente con le chitarre stratificate di Neil Halstead e Christian Savill, creando quel wall of sound caratteristico dello shoegaze.
La scaletta ha sapientemente alternato classici come Alison e When the Sun Hits a brani più recenti, dimostrando come gli Slowdive siano riusciti a evolversi mantenendo intatta la loro essenza. Anzi, facendoci rendere conto che agli albori della carriera erano probabilmente troppo avanti.
La progressione melodica di Sugar for the Pill è stata particolarmente emozionante: ha tenuto il pubblico in uno stato di trance. Di che pillola tratta la canzone? Ci pensa la proiezione a chiarirlo, si tratta della SD 1-989 [se ve la devo spiegare… cambio mestiere ;-) oppure non siete fan particolarmente attenti].
Souvlaki Space Station, illuminata da centinaia e centinaia di smartphone che ne cercano di catturare gli imperscrutabili segreti, è accompagnata da proiezioni che hanno trasformato il palco in un vero e proprio portale cosmico, perfettamente in sintonia con l’atmosfera del brano.
La cover di Golden Hair di Syd Barret, fissa in scaletta, stasera rinuncia al finale a-la Mogwai, mentre Kisses conferma anche dal vivo che gli Slowdive, se vogliono, possono fare anche una canzone pop perfetta.
Nonostante gli anni trascorsi, la band ha dimostrato una padronanza tecnica impeccabile. Simon Scott alla batteria e Nick Chaplin al basso hanno fornito una solida base ritmica su cui le chitarre e le voci hanno potuto librarsi liberamente.
Complice di una serata che lascia tutti in stato di grazia, è stato l’impianto della Cavea, che ha suonato (finalmente!) in maniera praticamente perfetta e ai giusti volumi, con la voce di Rachel un filo arretrata (ma credo sia stata una scelta).
In un’epoca in cui molte reunion sembrano guidate più dalla nostalgia e dal vil denaro che dalla creatività, gli Slowdive continuano a dimostrare la loro rilevanza artistica. Questo concerto non è stato solo un tuffo nel passato, ma la conferma che il suono degli Slowdive è senza tempo, capace di emozionare e trasportare gli ascoltatori in mondi sonori paralleli, rivelandosi come un’esperienza da non perdere, un viaggio sensoriale che ricorda perché ci siamo innamorati di questo genere.
Guarda un piccolo estratto del concerto
Qualcuno ha esagerato è ha messo online tutto il concerto
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