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Roué: recensione di Eastwest / Remote

I Roué esordiscono con Eastwest / Remote, 6 tracce dall’appeal psichedelico ed introverso, che viaggiano attraverso l’isolamento inteso come spazio personale.

Roué

Eastwest / Remote

indie, indietronica, post-rock

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C’è sempre qualcuno prima o poi che si prende la briga di raccogliere l’eredità dei Talk Talk e cerca di rievocare quella cripticità sperimentale, che caratterizzava il sound della band britannica (del secondo periodo intendiamoci).

Impresa sempre alquanto ardua; e se poi inseriamo il disagio esistenziale e l’alienazione, tipica dei Radiohead, nonché l’ambient pop di Apparat, la situazione si complica ulteriormente.

Non che non esista una linea di continuità abbastanza netta e definita tra le sonorità e le ambientazioni delle band citate, ma portare alla luce qualcosa che possa unificare tutto ciò senza renderlo troppo referenziale, non è certo un lavoro per tutti.

È durante il lockdown che i Roué  (Schahryar Kananian e Steffen Andrae, rispettivamente di Francoforte sul Meno e Lipsia) decidono che i tempi sono maturi, e forti del loro bagaglio sia culturale che come polistrumentisti riversano tutto il loro sapere e la loro artisticità in Eastwest / Remote.

Sei tracce dall’appeal psichedelico ed introverso, che viaggiano attraverso l’isolamento inteso come spazio personale per dare sfogo alla creatività.

Le atmosfere struggenti e rarefatte, così come le strutture stratificate e mediamente complesse, pervadono l’intero Ep, rendendolo così altamente suggestivo e malinconico.

Il sapiente lavoro svolto è già udibile sin dai primissimi secondi, con l’orecchiabile Grasp, dove l’intricato drumming (dato dall’unione di pattern sintetici ed analogici) traina il brano in una sorta di intimità artificiale; con la voce di Schahryar, in antitesi, che riporta il tutto ad un isolamento ed una desolazione più che mai reale – aprendo poi lo scenario ad episodi come Arp e Trascender, dal taglio chitarristico ancor più sinistro e minaccioso.

Più estroversa appare In Waters, dove la volontà di mischiare elementi di modern classical con forti dosi di elettronica, rende l’ascolto seducente ma al contempo onirico e riflessivo.

Trasognate e malinconiche, Yann e Coda for a friends spiccano sulle altre tracce per i fantasiosi e sublimi arrangiamenti di piano, che donano all’intero Ep una maggiore apertura e calore.

Quella dei Roué si afferma come musica dell’anima, intesa come senso di liberazione da una forzata condizione di clausura; e EastWest / Remote (un’opera matura e ricca di spunti) appare il mezzo con il quale ci si può distaccare dalla catalessi mentale ed emotiva, che imprigiona il genere umano ormai da un tempo ben più lungo rispetto al lockdown.

 

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