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Herself: recensione disco omonimo

Un album bellissimo: di indie-folk-gothic rock (ma poco importa il genere) profondo e curato, pur essendo semplice e diretto. Vi abbraccerà e vi farà sentire meglio, dopo avervi prima fatto scendere una lacrimuccia però

Herself

s/t

(Cd, DeAmbula Records)

folk rock, gothic, indie

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HerselfPrima di “fare i compiti” e “studiare” l’artista ho ascoltato quest’album due volte: la prima al tramonto, mentre camminavo lungo un bagnasciuga dell’adriatico; la seconda un caldo pomeriggio sotto la ristoratrice ombra di un albero in un parco torinese.

Al termine di questi ascolti non avrei avuto il minimo tentennamento a immaginarmi un cantautore anglosassone, forse avrei addirittura azzardato irlandese, o chissà, magari alla più lontana canadese.

E invece scopro che Herself è l’italianissimo palermitano Gioele Valenti, aiutato al basso, violoncello e samples da Aldo Ammirata.

Ammetto il mio stupore: non avrei mai immaginato che questo cantautore folk-rock e gothic, come nella sua pagina di Facebook lui descrive, possa arrivare dalla sanguigna e vicina Palermo.

Ma se posso dire qualcosa a mia discolpa Herself suona a volte meglio del folk-rock originale (e quello sì che ha origini anglosassoni) tanto è bello e caldo, tanto vi accompagnerà a volte incupendovi, a volte cullandovi, ma mai lasciandovi soli e senza mollarvi la mano con la sua musica e la sua melodia, le chitarre acustiche, gli archi.

Un album veramente bellissimo: che inizia con la spettacolare Funny Creature, dolce ballad dalla voce sussurata e dal retrogusto indie e che poi ci regala una sequenza continua di brani che sono un vero piacere per come sono così semplici e diretti, eppure così curati, sentiti, profondi.

Brani come How You Killed Me, Outside The Church non possono non toccare le vostre corde, vi faranno pensare, immaginare, sognare, sorridere un po’, dopo la tempesta.

Si potrebbe forse appuntare una leggera fase di stanca verso la seconda metà del disco, ma molto leggera, e solo per voler essere molto critici, ma appena si inizia forse ad accennare un pensiero così arrivano in chiusura le bellissime Tempo Fugit#2 e The River, quest’ultima veramente un piccolo capolavoro.

Avete presente le canzoni che a volte accompagnano i momenti topici di alcune famose serie tv, non so: Grey’s Anatomy, CSI, Dr House, quando qualcuno se ne va, o quando qualcuno si riabbraccia, ecc, ecco: lì il climax emotivo viene sottolineato da una canzone che con quelle scene esplode appunto nella sua emotività più forte (e vi fa scendere anche qualche lacrimuccia, ammettetelo…).

È a questo che penso mentre ascolto Herself, più che alle radici folk o gothic, quello che più sento è la sua anima indie più sensibile, ecco perché mi ero appuntato nomi come gli SnowPatrol e Aqualung, ed ecco perché, mentre camminavo al tramonto su quel bagniasciuga mi è scesa anche una lacrimuccia.

E poi ho sorriso, perché questo è un album che ti colpisce, anche duramente, e poi ti accarezza, ti prende per mano e ti fa uscire un sorriso che sa di serenità pura.

Tobias Feltus (Edimburgo) è fotografo, filmaker e designer. E’ noto ai più nel settore artistico per aver lavorato con band come Aereogramme e Lord Cut Glass della Chemikal Underground Rec. (label dei ex-Delgados che nel suo rooster segue band come Mogwai e Arab Strap, ed ha lanciato Interpol). Oltre alle numerosissime mostre fotografiche in Europa e U.K., il suo curriculum comprende anche la produzione del cortometraggio animato Solo Duets [2005], il quale e’ stato nominato per i Nastri D’argento, ed ha vinto Miglior Animazione a Krakow Film Festival e Miglior Cortometraggio al Festival Du Cinema Italien presso l’Espace Pierre Cardin a Parigi.


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