3 Fingers Guitar
Rinuncio All’Eredità
(Showdonia dischi)
alternative, grunge, post punk
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Devo ammettere che quando ho letto il nome 3 Fingers Guitar sulla copertina di questo album ho per un attimo temuto si trattasse di un disco, come ogni tanto ne escono, pieno di quei virtuosismi ultra-tecnici che molti chitarristi pubblicano nella speranza che l’apprezzamento, da parte del loro pubblico (costituito prevalentemente da musicisti o presunti tali) per la loro velocità, li aiuti a rifarsi un po’ del tanto, tanto tempo passato sul proprio strumento. Non è andata così.
Non poteva trattarsi neppure di un qualche emulatore di quel miracolo umano chiamato Django, visto che l’accostamento sarebbe stato un tantinello macabro e magari anche di cattivo gusto (si, ci ho pensato! È che purtroppo, una volta, una scemenza simile mi è capitata sul serio!).
Alla fine Rinuncia all’eredità è risultato un lavoro molto particolare, difficilmente accostabile a qualcosa, ricco di influenze che vanno da una sorta di post-punk-grunge a pennellate Lou Reediane. Inoltre il fatto che l’autore del disco abbia arrangiato e registrato da solo tutti gli strumenti ad eccezione della batteria è sicuramente degno di nota.
La chitarra, come accennato poc’anzi, ha un ruolo sicuramente determinante, ma non invasivo: durante lo scorrimento dell’album si va da riff forti e distorti ad atmosfere più acustiche ed intime; il lavoro sulle liriche rivela la natura di concept: un’ indagine musicale su un rapporto padre-figlio.
L’iniziale Ingresso ha diversi cambi, forse un po’ troppa carne a cuocere, ma risulta, nel complesso, piuttosto scorrevole: si capisce, da qui e dalla succesiva P che l’autore ha puntato molto su atmosfere ricche di ansia e di crescendo strumentali che sfociano, inesorabilmente, in dinamici ed esplosivi finali. L’impressione conferma il suo fondamento dopo l’ascolto di Riproduzione.
Con Rinuncio all’eredità si inizia, almeno dapprincipio, a respirare: introdotta da un bell’ arpeggio acustico mostra, in un momento azzeccato, un lato diverso dell’autore. Anche Fuga prosegue un po’ questo discorso con dei bei colori chitarristici; sembra che 3FG stia iniziando a divertirsi un po’ di più col suo strumento.
Secondo il parere di chi scrive, il pezzo migliore del disco è L’unica via, aperto da una bella atmosfera noir e non privo di un assolo di chitarra (un po’ Pink Floydiano?) piuttosto intenso. La successiva Fine è invece un pezzo meno riflessivo di quello precedente, ma, comunque, dotato di buon pathos.
Nel complesso, Rinuncio all’eredità è un disco orchestrato ed arrangiato piuttosto bene; il lavoro svolto sull’espressività delle parti strumentali è stato efficace e riuscito.
L’unica critica che mi sento di dover fare a questo disco riguarda le parti vocali: l’idea di base di dare a queste un ruolo più interpretativo che canoro non è una pensata di per sé sbagliata, ma il disequilibrio, secondo me, è troppo: la voce spesso e volentieri è enfatica in una maniera forzata e poco naturale che la rende, a tratti, abbastanza fastidiosa; inoltre questa carica espressiva risulta, in alcuni momenti, ingombrante a danno dell’intonazione e, qualche volta, delle metriche (passi la prima, visto il genere).
Forse questo problema poteva essere risolto mettendo le tracce vocali un po’ meno “fuori” rispetto a come suonano: date le atmosfere proposte sarebbe stato meglio impastarle un po’ di più nell’amalgama, rendendole meno protagoniste. In ogni caso ci tengo a precisare che quelle riportate sono impressioni assolutamente soggettive, ovviamente condivisibili o non.
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