Merçe Vivo
Lasortedelcanecheleccalalama
(Cd, I Dischi Del Minollo)
pop, rock, jazz rock
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Molte cose non capisco, neppure quella del cane… il cane che lecca la lama sta leccando il suo sangue, però gli piace più del dolore e continua fino a dissanguarsi. E’ una frase del romanzo Montedidio, scritto da Erri De Luca, e che ha ispirato il titolo dell’album dei Merçe Vivo, la band torinese giunta al suo terzo album.
Lukasz Mrozinski (chitarra e voce), Eros Giuggia (sax e chitarra), Alessandro Baudino (basso) e Fabio Prettico (batteria) hanno partorito un album che ha pochi eguali in Italia: atmosfere intense, emotive, dove l’anima tormentata vaga nella notte alla ricerca disperata di qualcosa (o qualcuno) che plachi le sue sofferenze. Lasortedelcanecheleccalalama è un album registrato in soli 4 giorni in Francia nel luglio 2011: i Merçe Vivo si sono avvalsi della collaborazione di Daniel Benoit al pianoforte e Valentine Carette ai cori, entrambi membri del gruppo francese Frank Williams And The Ghost Dance.
Imperfezione, la prima traccia, è cantata con una voce cupa su drumming ritmato e rintocchi di chitarra. Il sax ben si amalgama con questi suoni, fino a quando tutti gli strumenti esplodono in un wall of sound spectoriano: è un tripudio di rumore, dove l’irrazionalità prevale sulla ragione. La successiva Helika è una canzone d’autore struggente, il cui testo è dedicato alla figlia di Lucasz (averti solo un giorno brucia tra le righe che disegnerai/raccontami un altro inverno della tua età/vorrei non svegliarmi senza te). La chitarra e i contrappunti pianistici di Daniel sono l’accoppiata ideale per l’intensa interpretazione del cantante.
(Ri)Torna è una ballata malinconica che ricorda i Morphine. Il sax si insinua continuamente tra gli arpeggi di una chitarra riverberata dipingendo atmosfere meste: è solo nel finale che la batteria prende il sopravvento sul sax. Il Sole e La Sorte inizia come potrebbe iniziare una qualunque canzone slow-core. Andando avanti però il suono è un crescendo post-rock che culmina in un ritornello che richiama il nome dell’album. Il titolo della quinta traccia, Oceanomare è un riferimento al romanzo di Baricco. La malinconia regna dall’inizio alla fine: è come trovarsi a riflettere su una spiaggia al chiaro di luna. I riverberi di chitarra, il sassofono struggente e i cori celestiali sono un intreccio da brividi.
Lapis è il pezzo più breve del disco: la chitarra cristallina accompagna il lamento stridulo del kamanjah (uno strumento a corde persiano) in una sorta di musica da camera. Gli 8 minuti di Ivre (l’ultima traccia) è una summa di tutto il disco: si inizia con una calda voce che canta malinconicamente, in un tono che può ricordare De Andrè o il Cohen più depresso. Pian piano il ritmo aumenta e i Merçe Vivo calano un ritornello che entra subito nella testa. Di qui in poi la band, in piena trance musicale, perde a poco a poco ogni forma razionale e il caos prende il sopravvento: il risultato è un’orgia sonora mozzafiato, dove distorsioni e dissonanze noise-rock (che potrebbero durare all’infinito) chiudono questo magnifico album.
I Merçe Vivo non sbagliano un colpo: ogni singolo brano è una gemma compositiva. Il sassofono di Eros crea scenari notturni di rara bellezza-tristezza. Lasortedelcanecheleccalalama accompagnerà i vostri momenti di riflessione e malinconia scaldandovi il cuore: è una magia che riesce a pochi.
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