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Easy: la recensione di Radical innocence

Gli svedesi Easy sono alla loro 'seconda vita' e Radical Innocence è un disco squisitamente indie pop condito da melodie armoniose e chitarre penetranti.

Easy

Radical innocence

(A Turntable Friend Records)

indie-pop

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Easy - Crystal WavesAll’inizio degli anni novanta, gli Easy erano una delle band più famose ed acclamate in Svezia nel circuito indie. Dopo alcune incisioni, un buon numero di date in tutta Europa e l’uscita di un nuovo album nel 1994, Sun Years, si sciolsero improvvisamente e i vari membri si dedicarono ad altri progetti.

Lasciarono però un segno tangibile e quando anni dopo tornarono in patria, trovarono una nuova scena indie animata da molti musicisti ispirati alla loro musica, così nel 2010, dopo attente riflessioni, decisero di tornare insieme tenendo fede alla  formazione originale con Johan Holmlund alla voce, Rikard Jormin al basso, Tommy Dannefjord alla batteria, Tommy Ericson e Anders Peterson alle chitarre.

Dalla reunion nacquero Popcorn Graffiti (2012) e Swimming with the beast (2014), che segnarono una vera resurrezione della band, inaugurando una nuova era creativa destinata a durare nel tempo.

Allo scoccare del trentesimo anniversario da Magic seed, disco d’esordio accolto dalla critica in maniera molto positiva (dal quale furono estratti tre singoli di grande successo, Castle train, He brings the honey e Horoscope) e rompendo il silenzio di un decennio, il primo maggio 2020 la band torna sul mercato con Radical innocence, un lavoro ambizioso e sufficientemente focalizzato.

Tutto riparte dallo start, gli Easy tornano nella capitale britannica dove avevano avviato la propria carriera e scelgono un produttore dalla grande esperienza, il leggendario Pat Collier artefice di molti dei loro dischi preferiti registrati nei suoi Perry Vale Studios.

L’apripista Crystal waves sposa un immaginario contemporaneamente malinconico e luminoso, legato al senso della nostra esistenza, il video che lo accompagna è ricco di fermo immagine e brevi slow motion palesemente descrittivi. Decine di flash a tratteggiare ogni frase cantata; la vita che scorre tra paesaggi urbani, highways deserte, onde infrante sugli scogli, treni in movimento, donne, vino, punti interrogativi e maschere antigas. Ogni apertura trasuda libertà, i fragments di mare aperto cavalcando le onde, margherite che fioriscono in larghi spazi verdi, abbracci regalati con amore, disegnano un quadro indimenticabile.

Day for night insiste sull’incedere costante ed inarrestabile del tempo che viaggia tra alti e bassi, tra piccoli momenti di gioia e dolori profondi. Il video ci mostra una realtà poetica narrata attraverso disegni animati su cornici impressioniste, la musica leggiadra fa il resto, fermi tutti, si può ancora sognare, non è ancora finita I saw the lights of this town and i just knew it’s never too late to trade day for night.

Shadow train e Golden birds sono due ballad sufficientemente centrate, il basso della prima rimanda alla tradizione Cure/New Order. Simon Gallup e Peter Hook hanno seminato ovunque ed è quasi impossibile non lasciarsi influenzare anche se non in modo volontario.

Memory loss revisionism and a brighter future ha un titolo più lungo della canzone stessa che scorre senza intoppi fino alla fine, la canticchi dopo il primo ascolto con Johnny Marr che ronza in testa, inevitabilmente.

Mi piace molto la title track, l’incedere sfumato e ripetitivo mischiato alle voci sovrapposte  fanno immaginare una esplosione che invece non arriva, ma l’attesa non è in fondo più eccitante dell’appagamento stesso?

Southern water communities è una slow sentimental song dai colori tenui e dagli slanci ottimistici. In buona sostanza gli Oasis contaminati dai Verve. Se non sapessi la loro provenienza dopo questo ascolto li collocherei nella miglior scena brit pop.

To see the stars è una canzone ben fatta, ben suonata, altrettanto bene arrangiata. Gli Easy sono considerati la risposta svedese agli Smiths, ora so il perché.

Radical innocence punta su un suono coeso e più coerente rispetto alle vecchie produzioni, è un disco leggero, da ascolto immediato, un disco che vanta canzoni pop organiche, melodie armoniose, chitarre penetranti, sezione ritmica di grande impatto e testi intelligenti. Scorre equilibrato, simmetrico e – malgrado non soddisfi appieno – lascia nelle orecchie un senso di fluidità che di sicuro è già un obiettivo apprezzabile.

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