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Manila Hemp: recensione Powerful

Il grunge non è morto e, probabilmente, mai lo sarà, soprattutto se ci sono band come i Manila Hemp che tengono in alto la bandiera di un genere che ha sconvolto il mondo del rock ad inizio degli anni Novanta.

Manila Hemp

Powerful

(Volcano Records)

grunge

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Il grunge non è morto e, probabilmente, mai lo sarà, soprattutto se ci sono band come i Manila Hemp che tengono in alto la bandiera di un genere che ha sconvolto il mondo del rock ad inizio degli anni Novanta.

La storia della formazione teramana è molto particolare, visto che il loro esordio omonimo, arrivato nel lontanissimo 2007, venne prodotto da una divinità come Steve Albini, con tanto di mastering realizzato agli Abbey Road Studios di Londra.

Ora, dopo aver messo tanto fieno in cascina, la formazione italiana ritorna con un bel lavoro, Powerful, che ha il merito non indifferente di crescere ascolto dopo ascolto. Lo si comprende immediatamente con l’iniziale No Hope che ha un riff iniziale che ricorda quello dei Jane’s Addiction presente in Just Because. In realtà, la canzone si dipana immediatamente in qualcosa di molto aggressivo, tanto da apparire come un fiume in piena difficile da arginare.

I Pearl Jam più rudi (quelli dell’omonimo del 2006) vengono ben omaggiati con la rockeggiante Only Lies che esplode in sede di ritornello. Il cantato roco è un’altra caratteristica di questa formazione che ha in sé i germi del punk e del garage rock come altro suo tratto inconfondibile.

Con So Lost le atmosfere si fanno più nostalgiche e, allo stesso tempo, più scure. Si tratta di un brano che ha tutto quello che ricorda il grunge vero e possiede una melodia trasversale in sede di ritornello che ti si appiccica in testa e non ne vuole sapere di andare via.

Andiamo avanti, perché qui di carne a fuoco ce n’è tanta e si rivela pure di prima scelta.

Con On My Own si ritorna a picchiare duro, grazie ad un riff che renderebbe orgoglioso il buon Tony Iommi. A parte la citazione importante, qui la band alterna un momento di pura rabbia ad un altro in cui, a metà canzone, si materializza uno squarcio melodico strumentale che vale il prezzo del biglietto (come si direbbe per una partita di calcio) e che illumina il cielo terso e nero, reso tale da un sound davvero cupo.

Way Out parte alla Spin The Black Circle, ma si palesa come un vero e proprio proiettile impazzito, crudo e grezzo. Sul finale troviamo la titletrack che ha un’andatura abbastanza ritmata e si consolida con un buona apertura durante il ritornello. Potrebbe essere un pezzo radio oriented, se non fosse per una sua attitudine minimale che non vuole che ciò possa accadere. Sono scelte che ricordano quelle dei Pearl Jam di Vitalogy, disco che qui dentro sembra essere presente come una sorta di guida spirituale.

You Tell Us, forse, è l’episodio più punk e, al tempo stesso, melodico del lotto ed ha nel drumming furente uno dei suoi punti di forza.

A chiudere il quadro ci pensa la bellissima Face Your Fault che è un tuffo meraviglioso negli anni novanta. Qui si trovano i Manila Hemp al massimo della loro ispirazione ed è giusto che un album come questo si chiuda con un brano di tale fattura.

Disco di assoluto livello per una band che avrebbe meritato una carriera nota alle masse e non di nicchia. Ma, come avrebbe detto Giovanni Lindo Ferretti, “così vanno le cose, così devono andare”!

 

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Francesco Brunale
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