Davide Papa è un cantautore milanese con una buona e forte esperienza con band importanti della scena rock italiana, come gli Shandon e i The Fire, entrambe formazioni capitanate dal mitico Olly. In questo periodo, Papa si è messo decisamente in proprio e ha iniziato una carriera solista che, viste le premesse fornite dall’ottimo singolo Ombra, appare lucente e foriera di belle soddisfazioni. In un periodo così buio come quello che stiamo vivendo, la sua canzone sembra essere un manifesto del momento a tinte fosche che il mondo sta conoscendo da febbraio 2020 a questa parte. A questo punto la cosa migliore da fare è stata quella di realizzare un’intervista con il diretto interessato che ci ha parlato della sua nuova canzone e di cosa bolle in pentola per la sua carriera solista.
R.S: Come nasce Ombra?
Davide Papa: Ombra era una bozza che avevo da molto tempo, ovvero da quando suonavo con il mio gruppo The Unders. Mi ricordo che quando gliela feci sentire, la versione era un po’ più punk rispetto a quella attuale. In realtà avevo solo la strofa iniziale che mi piaceva molto, ma ancora non avevo un’idea chiara di come svilupparla. Dopodiché, quando cominciai a scrivere da solista, la presi nuovamente tra le mani e non dovendo più pensare con la testa di una band provai a concentrarmi solo su me stesso. Così, dopo un po’ di tempo, nacque Ombra chitarra e voce. Il brano, infine, venne arrangiato dal mio amico e produttore spagnolo Dimas Frias che gli diede questo vestito che, dal mio punto di vista, è perfetto.
R.S: Il testo e le atmosfere appaiono abbastanza buie, un po’ come l’ombra. È un cosa voluta?
D.P.: Si, è una cosa voluta. Quando cominciai a scrivere il brano come solista, le melodie vocali presero delle sonorità che evocavano automaticamente uno stato d’animo e un’atmosfera molto ben definita. In questo modo le parole automaticamente presero forma. Inoltre Dimas, essendo un produttore di trailer cinematografici, quando sentì la canzone mi disse che fu subito trasportato nell’atmosfera adatta per poter scrivere questi arrangiamenti musicali.
R.S.: In questo brano ci sento qualcosa di Jeff Buckley e molto di Max Zanotti. E’ solo un’impressione o qualcosa che percepisci anche tu, magari inconsciamente?
D.P.: In realtà no. Anzi, quando la scrissi, non so perché ma la sentivo come se in quel momento fosse cantata da una voce femminile. Non una persona in particolare, ma semplicemente femminile. Mi sono sempre chiesto se questa voce femminile fosse la parte appunto dell’Ombra, cioè il nostro negativo, l’oscurità, la luna che nelle filosofie orientali rispecchiano la donna e quindi la parte dell’emotività.
R.S.: In un momento come questo, non credi che far uscire musica sia un vero e proprio atto di coraggio?
D.P.: Dal mio punto di vista l’arte è lo strumento dell’anima e come tale deve essere usata in qualsiasi momento della nostra vita, sia per noi stessi e sia per tutti coloro che incuriositi si avvicinano all’artista.
R.S.: Il fatto di aver messo sul mercato un singolo brano è qualcosa che anticiperà un vero e proprio disco?
D.P.: Sicuramente pubblicherò una serie di singoli “manifesti” nei prossimi mesi e poi lentamente progetterò il resto. Questa volta preferisco fare un passo alla volta.
R.S.: Oltre alla tua attività solista, sei stato membro di alcune band come gli Shandon e i The Fire e sei il fondatore dei The Unders. La prima domanda è questa: perché ti sei voluto mettere in proprio? Inoltre come cambia la prospettiva di un musicista quando è solo rispetto a quando si trova a suonare in un gruppo?
D.P.: Non ho deciso io di mettermi in proprio, ma è stata una scelta comune. Ho sempre dato il massimo nei progetti di cui ho fatto parte, perchè me ne innamoravo incondizionatamente. Questo discorso ha riguardato soprattutto la mia band, i The Unders. In qualche maniera quando si cresce, il sogno “del bambino” viene oscurato dal mondo del lavoro, dalla società e dai propri meccanismi mentali. In questo modo ognuno di noi ha fatto la sua scelta. Sicuramente suonare con tanti artisti ti arricchisce molto, sia a livello umano che sotto il profilo strettamente musicale e questa è stata la mia gavetta. In questo discorso ci inserisco gli Io?Drama in cui sono stato il bassista e la mia band The Unders nella quale ho suonato per sedici anni. Diciamo che in passato le forze erano suddivise e direzionate verso più elementi. Oggi, invece, devo solo focalizzarmi su me stesso.
R.S.: Sei di Milano e una domanda te la devo fare sulla scena musicale della tua città. Negli anni novanta Milano era un centro fondamentale per la musica alternativa italiana. Oggi il termometro artistico di questa realtà che cosa segna?
D.P.: L’unica cosa che ti posso dire è che una volta nascevano artisti con le palle, che ci mettevano la faccia per combattere qualcosa più grande di noi in un sistema corrotto. Oggi, invece, è tutto bello, fatto bene e confezionato, ma dal mio punto di vista è solo un grande “pacco” regalo.
R.S.: Ci sarà la possibilità di vederti dal vivo quando tutto questo sarà finito e che tipo di spettacolo vorresti tenere. Unplugged o con una vera e propria band che ti accompagni?
D.P.: Sicuramente amo la band, però non voglio limitarmi e così in base all’esigenze troverò la soluzione più adatta. Speriamo di vederci presto.
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