Danilo Vignola
Ukulele Revolver
(Ethnopunk Records)
experimental, psycho folk, fusion, jazz, blues, mediterranean music
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Un disco originalissimo, un lavoro piacevole che scivola via in pochi istanti. Protagonista assoluto e attore centrale dell’opera l’ukulele, celebre chitarra di piccola taglia di provenienza hawaiana che un po’ troppo spesso associamo con facilità a suonatori perennemente felici, dotati di orribili camicie floreali multicolori.
Il concetto di ukulele è qui ampiamente espanso e reinterpretato dalle grandissime doti tecnico-compositive di Danilo Vignola col suo Ukulele Revolver. Ad accompagnarlo un variegato contorno di percussioni, le più impensabili, saggiamente condotte da Giovanni Giò Didonna. Non è cosa di tutti i giorni ricevere un disco con un ukulele in primissimo piano che sgomita tra il folk e la tarantella, che passa dal metal al jazz, per poi improvvisamente virare di nuovo verso il folk e tornare, infine, alla tarantella. Respect.
L’inizio del disco è davvero un ottimo antipasto: dopo le prime chicche di verace stampo mediterraneo, tra cui il singolo Rumbita, i ragazzi ci portano all’interno di una gustosissima ninna nanna di paese con A Waltz is Forever. Sembra di poter vedere le loro terre per un attimo, sembra di toccare le origini del duo (la Basilicata). Ecco in ordine tutti insieme: il mercato di paese, l’ubriacone di turno, il pazzo che non prende sonno. Il livello tecnico di Vignola è altissimo ma sinceramente con tante descrizioni, con tanta umanità sentita passa un po’ in secondo piano in alcuni episodi (forse era il loro intento questo connubio tecnica/poesia).
Quando parte la traccia numero quattro, il cui titolo già mi piace (Pollicino dance), mi esce una risata fragorosa causata dal mix di tarantella iniziale seguita da un violento riff metal; capisco che mi trovo di fronte a due artisti, nonché amici, che amano viaggiare, godersi la vita e fare di tutta la loro esistenza un interminabile trip-canzone. La sperimentazione e il non darsi alcun limite è alla base delle loro rispettive prerogative.
È un insieme di profumi e di essenze armoniche questo Ukulele Revolver. Con lo scorrere dei brani (e degli anni..) mi accorgo che ci sono molto più elementi cari al folk di quanto non sembri, perennemente avvinghiati a settime e none particolarmente eccitate. Il duo lucano sta portando il progetto e la sua forza comunicativa in giro un po’ per tutta la penisola. Black Daddy è un grazioso gioiellino fusion jazz che ben si interseca con il resto del materiale, anche se sposta il centro del disco verso una ricerca sonora più sfacciatamente sperimentale, a discapito della poesia e del profumo della terra.
Molto delicato invece il finale: dopo la succulenta Gino’s Wine, il lavoro della band termina con l’intricato disegnino armonico dai mille profumi di Oriental Wood. Provare per credere. Un disco che si muove e si anima seguendo i vari periodi dell’anno e i suoi relativi stati umorali, davvero adatto a tutti: dall’intellettuale di media età al fattone che salta la scuola, dal bravo musicista al fabbro. Da non perdere dal vivo.